12 March 2019

Synod of Pistoia, Session VI, Petition 2, Circa la riforma dei giuramenti


Synod of Pistoia, Session VI, Petition 2, Circa la riforma dei giuramenti


Written 1786 CE.

Source: Atti e decreti del concilio diocesano di Pistoja dell' anna MDCCLXXXVI, Pistoja, p. 225-227. Seconda edizione, Anton-Giuseppe Pagani, Florence, 1788.

I. L’uso frequente ed immoderato dei giuramenti, che da lungo tempo si è introdotto fra i cristiani, è uno degli oggetti più importanti, che interessano questa santa assemblea.

Questo atto grande di religione, per mezzo del quale la creatura si confidenzia talmente col supremo suo Creatore fino ad interpellarlo, come testimone e garante della sincerità delle sue asserzioni, e della fedeltà delle sue promesse: quest’atto grande che diviene una sacrilega temerità, quando non sia rivestito di quei delicati riguardi, e di quelle rigorose condizioni prescritte dal Profeta Geremia, che lo rendano degno della Maestà divina; questo atto grande e tremendo è divenuto una formalità forense, e per lo più inoperosa, che espone troppo spesso alla profanazione il nome venerabile dell' Altissimo.

II. Presso le antiche Nazioni il giuramento era riguardato con un sacro errore. I Gentili diretti dal solo lume della ragione non lo adopravano che in cose importantissime, in casi sommamente straordinari, e con solennità imponenti, atti a risvegliare l' idea più grande della Divinità, die si credeva di interessare nelle umane convenzioni. Gli Ebrei furono quelli, che ne abusarono colla più inconsiderata e invereconda frequenza.

III. Questo popolo carnale, che non si guidava se non con la sferza, e che non si sollevava sopra il materiale della Legge, non giunse a conoscere di riprensibile altro che il solo spergiuro. Il divino Redentore lo trovò nella rea consuetudine di abusare del Nome di Dio in ogni parola, di mescolare i giuramenti in ogni discorso; e disperso sulla faccia della terra in mezzo alle Nazioni diverse di Religione e di costumanze, ritiene ancora questa pratica irreligiosa.

IV. Era riserbato alla Legge di grazia il porre un freno a questo Giudaico disordine. Gesù Cristo richiamando gli uomini alla rettitudine ed alla semplicità, insegnò loro non solo ad abborrire li spergiuri, ma ad astenersi da ogni giuramento; che i giuramenti sorgono da un principio dannevole, in quanto che facilitano il disprezzo o la profanazione del nome di Dio, ed hanno per base la reciproca diffidenza; e che le asserzioni debbono corrispondere all’ interna purità e schiettezza, degna della professione di Cristiano, ed esprimersi con una netta affermativa o negativa.

V. Nei tempi felici della Chiesa nascente, quando i fedeli avevano ancor fresca la memoria degl’ insegnamenti del divino Maestro, nè si era ancora corrotta l' aurea semplicità Evangelica, si sarebbe riguardato come un atto irreligioso e indegno di un Cristiano, il giurare senza una estrema è indispensabile necessità. La catena continovata dei Padri fa vedere, che il sentimento comune era di riguardare i giuramenti come proscritti. « L’ uomo di Dio, cioè il Cristiano, dice l' Autore delle Costituzioni Apostoliche, non giura nè per il Sole, nè per la Luna, nè per gli Astri . . . poichè il Signore ci ha comandato di non giurare. » S. Giustino nella seconda Apologia per i Cristiani dice: « Noi non giuriamo, e diciamo sempre la verita, perchè il Signore ce l’ ha comandato con quelle parole: Non giurate punto. » Tertulliano nel Libro de Idol. soggiunge. « Io non parlo dello spergiuro, mentre neppure è lecito di giurare. » Il simile dice S. Cipriano, S. Clemente Alessandrino, S. Basilio, S. Epifanio, S. Gio. Crisostomo, ed altri innumerabili Padri e .Concili, de' quali sarebbe cosa soverchia il riportare le testimonianze.

VI. La rettitudine cristiana, e la venerazione al nome di Dio dettata dalla ragione, e comandata dal secondo precetto del Decalogo, per cui si riguardava in quei tempi felici come una regola comune l’ astenersi dal giurare, non ha reso illecito assolutamente, e sempre peccaminoso il giuramento. L’ Apostolo Paolo aveva fatto vedere coll’ esempio suo proprio, che vi potevano essere delle occasioni, nelle quali fosse permesso è necessario. Ciò che fu fatto da S. Paolo in alcune circostanze, è permesso farlo ai cristiani, quando però concorrono motivi simili, e sia eseguito con circospezione, e prudenza. « Io giuro, diceca S. Agostino, ma non lo fo, se non quando mi sono persuaso di essere obbligato necessariamente a giurare; se io veggo che si ricusa di prestarmi fede senza la solennità del giuramento, e che è di molta importanza che mi sia creduto, allora ben ponderato il tutto, pieno però di timore e tremore ardisco esprimermi in questi sensi: Vi parlo davanti a Dio: Dio mi è testimone: sa Gesù Cristo, che io dico la verità. »

VII. Con questa venerazione, e con questa riserva usavano del giuramento gli uomini pieni dello spirito di Dio, e penetrati dalla santità e dalla grandezza di un atto tanto tremendo. Ma un contegno cosi lodevole si è coll’ andar de’ secoli prima indebolito, e finalmente dissipato. Abbondando la malizia e la depravazione nei costumi de’ cristiani, la delicatezza che avevano i Fedeli ne' giuramenti ha ceduto il luogo alla preponderante diffidenza; e questa ha stabilito per regola ordinaria ciocchè appena si sarebbe permesso in occasioni straordinarie e importantissime. Tutti gli atti Curiali sono accompagnati dal giuramento, qualunque corpo morale, le Università, i Tribunali, le Dignità, i Contratti, hanno il loro proprio di formalità; e la curia stessa Ecclesiastica, modellandosi sulla Giurisprudenza Feudale, li. ha adottati nelle investiture, e fino nelle sacre ordinazioni dei Vescovi.
VIII. Il minore difetto di questa enorme moltiplicità di giuramenti, è l’ essere i medesimi inutili, e inoperosi per la maggior parte. Quelli di formalità si prestano universalmente senza cognizione di causa, o pronunziando una formula alla quale non si fa la minima attenzione, o ponendo la mano sopra un libro chiuso, di cui non si sa il contenuto. Nei Tribunali o prevale assai frequentemente l' interesse e l’ impegno al rispetto per la Religione, o si studiano delle equivoche risposte e delle reticenze, che combinino il celare la verità con una falsa quiete della coscienza; ed è caso raro che per questo mezzo si ottenga prova alcuna concludente per regolare i giudizi. Nei contratti finalmente, ed in qualunque altra convenzione nulla aggiungono alla validità detratto ed alla osservanza, che si possono desumere, e che di fatto sono prodotte dal. vigore delle Leggi.

IX. Ma il disordine maggiore, che il santo Sinodo non può apprendere senza estremo dolore e rincrescimento, si è il disprezzo del giuramento stesso, ed il pericolo, o per dir meglio la conseguenza sicura degli spergiuri, che non può non produrre la frequenza dei medesimi, Semper abundantia contumeliosa in semetipsa est, dice Tertulliano. « Guardatevi dal giurare, dice S. Agostino scrivendo ad Ilario, quanto mai vi è possibile, poiché meglio è il non giurar punto neppure di cose vere. Quando si è fatto uso di giurare, siamo ad ogni momento sull' orlo dello spergiuro, e vi si cade assai spesso. » L' istesso ripete nel Sermone 180. ed in altri luoghi; l’ istesso ripetono molti altri Padri, e la funesta esperienza ci da riprova della giustizia di queste riflessioni.

X. Il santo Concilio adunque penetrato profondamente da questi giustissimi sentimenti, non può non prendere il più vivo interesse per la riforma di un abuso tanto pregiudiciale alla salute delle anime. Egli considera, che il giuramento destinato a garantire la buona fede degli uomini, e a porre l' ultimo sigillo alla loro sincerità coll’ uso che se ne fa comunemente, serve a rovinare l’ una e l' altra, ad introdurre in tutte le classi della società ed anche nel Clero una dissimulazione, una doppiezza, ed una non curanza dello cose più santo e più venerabili. E siccome egli conosce, che non è di sua competenza l' apporvi tutto il riparo, giudica a proposito di ricorrere all’ illuminata pietà del clementissimo Sovrano, in conformità dell’ incoraggimento dato ai Vescovi su questo proposito nel numero IV. degli Articoli mandati ad essi dalla R. A. S., affinchè si degni di comandare con sua legge, che siano aboliti i giuramenti che si esigono nelle Curie si ecclesiastiche che secolari, quelli che si prestano nell’ essere ammessi a cariche, ufizi, università, ed in qualunque altro atto curiale; potendovi supplire il Sovrano con una formula di promessa di attestazione, e di obbligazione, che abbia tulli gli effetti che si sono finora supposti nel giuramento.


No comments:

Post a Comment